Risposta a un paio di osservazioni

Sul blog BBD, qualcuno mi ha rivolto un’accusa:

Schön auch zu sehen wie schnell Gadilu von seinem “Holzweg” zurückgekommen ist. Ein wenig öffentliche Aufmerksamkeit und alles paletti? Wird jetzt “segnavia” relaunched? Also mindestens in den Blogroll von BBD sollte er schon wieder…

Questo mi dà l’opportunità di precisare in modo spero CHIARO la mia posizione.

Ho sempre sostenuto di appoggiare una riflessione serena e costruttiva sul tema dell’autodeterminazione. A lungo l’ho fatto all’interno della piattaforma BBD, della quale condividevo (e condivido) l’approccio fondamentale. E questo è: il tema dell’autodeterminazione è proponibile SOLTANTO muovendo da un processo di discussione e di analsi capace di strappare il soggetto alla retorica della destra tedesca e, dunque, di favorire una più stretta cooperazione tra i gruppi linguistici. Detto ciò, è bene ribadire anche i punti discordanti (e dunque i motivi della mia fuoriscita da un impegno per così dire “militante”). Ponendo l’accento sul processo, per me sfuma la questione dell’obiettivo da raggiungere. Non è insomma il FINE a giustificare i MEZZI, ma i MEZZI giustificano il FINE. E se poi, messi a punto i mezzi, il fine dovesse risultare obsoleto (o emergessero altre finalità), io non starei certo a rammaricarmene.

In questo senso il mio impegno attuale non rinnega nulla della mia personale vicenda e non rappresenta un ritorno al passato. Quello che sto dicendo a SOSTEGNO della piattaforma BBD tende sempre a mettere in luce la necessità del processo al quale alludevo, e questo mi pare tanto più necessaro più l’interesse verso l’autodeterminazione cresce in una direzione che continua a IGNORARE o STRUMENTALIZZARE quel tipo di processo.

Due cose ancora. Lucio Giudiceandrea ha chiesto se io mi rendo conto che, al momento, un consenso “italiano” sull’ipotesi di autodeterminazione è praticamente inesistente. Me ne rendo conto benissimo. Ma i miei ragionamenti, lo affermo con modestia ma lo affermo, non cercano di modellarsi sul sentire “comune”. Li svolgo semplicemente seguendo il filo di una razionalità profondamente scettica e per certi versi già da sempre votata allo scacco (sono stato frainteso e verrò frainteso ancora innumerevoli volte). Riccardo Dello Sbarba mi ha ammonito: non farti soverchie illusioni. Non me ne faccio. So benissimo che per attivare (anche solo attivare) il processo che io auspico è necessario forzare mille automatismi e superare mille difficoltà. Non per questo posso smettere di dire quello che penso o smettere di correggere le interpretazioni del mio pensiero che mi sembrano più distanti da esso.

Infine: il buon pérvasion è libero di “caricare” sul suo blogroll chi meglio crede. Anche la Fata Turchina o la cugina di Pollicino, se lo ritiene opportuno. Il fatto che “sentierinterrotti” sia stato espunto o non sia mai comparso sul suo blogroll è una cosa che riguarda lui, non me.

45 thoughts on “Risposta a un paio di osservazioni

  1. Ponendo l’accento sul processo, per me sfuma la questione dell’obiettivo da raggiungere. Non è insomma il FINE a giustificare i MEZZI, ma i MEZZI giustificano il FINE. E se poi, messi a punto i mezzi, il fine dovesse risultare obsoleto (o emergessero altre finalità), io non starei certo a rammaricarmene.

    Condivido al 100%.

  2. Anch’io non posso che condividere al 100%!
    Ma i mezzi siamo NOI!?! o dovremo almeno essere NOI, noi Sudtirolesi di tutte le lingue!

  3. I mezzi sono gli strumenti (tutti gli strumenti) che possono favorire quel processo del quale parlavo. Ovviamente parlo di “mezzi”, e non di “mezzucci”. Cioè: in questo caso non vale il principio del “tutto fa brodo”. Un buon brodo si fa con gli ingredienti giusti e seguendo un metodo di preparazione accurato.

  4. Allora la domanda deve essere: chi fa il cuoco?

    Im Moment siehts eher so aus, “tutto fa brodo e nessuno veglia gli ingredienti, che sono nel brodo”

  5. Gadilu, anche il mio blog non è mai comparso nel blogroll di BBD.

    Per quanto riguarda l’inesistenza del consenso del gruppo italiano all’ipotesi “autodeterminazione” non ne sono convinto.

    Gia’ nel giugno 20o8 FF aveva pubblicato i risultati di un sondaggio commissionato ad una agenzia specializzata che mostrava, a sorpresa, un certo atteggiamento favorevole all’autodeterminazione negli italiani.
    I giornalisti dovrebbero averne memoria.

    Secondo me tutto il dibattito in corso in questi giorni sta riposizionando semanticamente il termine”autodeterminazione”.

    Questo è anche una conseguenza di tutto il precedente dibattito BBD, che ha disseminato idee dappertutto, probabilmente anche in Zeller, da quello che leggo sulla stampa delle sue recenti dichiarazioni.

    Purtroppo il blogroll parziale di BBD segnala anche un limite, che è quello di una sempre presente tentazione autoritaria dei detentori delle idee: probabilmente anche per questo motivo io non ho mai aderito espressamente a BBD.

  6. Si, ne ho parlato cinque o sei volte non mi ricordo se su BBD e su Segnavia, e ho tentato di spiegare, a questo punto penso invano, che cercare di ridisegnare confini è cosa ben diversa dal lavorare per fare evaporare i confini in modo che il vecchio assetto perda di significato. Preferisco insomma azioni dal basso e diffido dei progettisti sempre.

    Il blogroll di BBD nel mio commento sopra era solo un esempio: il blogroll infatti lo decide il detentore (o progettista) del blog, cosi’ come le categorie le decide sempre lui. Diverso è il tagging che consente in prospettiva di ridefinire le categorie dal basso, per apporto collettivo e senza disegno predefinito. (Guarda, non per essere polemico, ma su Segnanvia il layout che avevi scelto non prevedeva nemmeno i tag, prevedeva solo la struttura (categorie) determinata dall’amministratore del blog)

    Diffido dei detentori “blasonati ” di idee e di conoscenza, dunque e del loro modo “proprietario” di porre le questioni.

  7. “… ho tentato di spiegare, a questo punto penso invano, che cercare di ridisegnare confini è cosa ben diversa dal lavorare per fare evaporare i confini in modo che il vecchio assetto perda di significato”.

    Suona bene, ma si capisce poco.

  8. G. rispondendo a Giudiceandrea e Dello Sbarba:

    “…ma i miei ragionamenti, lo affermo con modestia ma lo affermo, non cercano di modellarsi sul sentire “comune”. Li svolgo semplicemente seguendo il filo di una razionalità profondamente scettica e per certi versi già da sempre votata allo scacco (sono stato frainteso e verrò frainteso ancora innumerevoli volte)…”

    “…non farti soverchie illusioni. Non me ne faccio. So benissimo che per attivare (anche solo attivare) il processo che io auspico è necessario forzare mille automatismi e superare mille difficoltà. Non per questo posso smettere di dire quello che penso o smettere di correggere le interpretazioni del mio pensiero che mi sembrano più distanti da esso …”

    …forse la cosa diventa troppo personale… non credo che G. debba giustificarsi per il fatto di voler portare avanti un ragionamento “a prescindere” e non è nemmeno detto che si possano affrontare ed approfondire solo temi che siano di per sé la soluzione vicina del problema… per me (e non credo solo per me…) non è così, sin qui riesco a seguire G…
    … incontro però alcune difficoltà quando, senza entrare nel merito delle varie posizioni sul tema in questione, rivolgo la mia attenzione “agli effetti” di questo dibattito, alla novità costituita dal cioè dal fatto che è stato messo gradualmente al centro dell’agenda, che è stato sdoganato pubblicamente (anche se con questo non faccio certo G. responsabile di ciò)… e allora mi chiedo se, non in assoluto ma in questo preciso momento storico, “fa bene” o “fa male” mettere al centro il tema della Selbstbestimmung/Autodeterminazione/Autodecisione (?). Fa bene o male rispetto alla causa di un Südtirol/Alto Adige migliore da “un certo” punto di vista? Secondo G. “fa bene”…

    “…io ritengo (come ho scritto più volte) che attraverso il tema dell’autodeterminazione sarebbe possibile riaccendere in Sudtirolo un proficuo dibattito sul futuro di questo Land, coinvolgendo nel processo di discussione tutti i soggetti che qui abitano. Sono una voce del tutto isolata, me ne rendo conto, ma proprio perché me ne rendo conto non posso certo essere accusato di negare la realtà.”

    A me viene da dire che:
    – per quanto riguarda quelli di lingua italiana credo si debba distinguere tra minoranza (quelli che si sentono o cominciano a sentirsi a casa) e maggioranza (quelli che sono “allo stato puro, spaesati, disagiati ecc.”, quelli che si sentono esclusi e vivono nell’ansia della sopraffazione da parte degli altri)… mi sembra che alla minoranza “faccia bene”, mentre per la maggioranza abbia un effetto negativo quasi di rinforzo di un atteggiamento di chiusura e di ansia… quelli che fino ad oggi non hanno mai creduto nemmeno in parte all’autonomia e non si sono sentiti parte di questa terra complessa, “quelli che gioiscono perché Roma taglia i fondi” si sentono ancora confermati nella loro convinzione che “gli altri” vogliono in qualche modo eliminarli, e hanno ancora più argomenti per giustificare le proprie posizioni di estraneità e sfiducia…

    – per quanto riguarda il gruppo di lingua tedesca (il discorso si fa più “partitico”) ho la sensazione che per una SVP in profonda e strutturale crisi politica tutta questa storia abbia la funzione di “distrattore”: per coprire sia le ormai ingovernabili beghe interne sia la mancanza di idee sul futuro. L’SVP per la prima volta appare indecisa, incapace di portare avanti il modello autonomistico, di riuscire a immaginare proposte concrete per un suo sviluppo che faccia il salto forse ormai necessario di inclusione di tutti gli abitanti di questa terra (se non goffamente al momento delle elezioni). Dalle urne vede messo in discussione il suo ruolo finora indiscusso all’interno del suo gruppo e allora fa comodo spostare l’attenzione sul “sogno” dichiarare che “Sì, perché no? Tanto l’autonomia è finita, non è più dinamica ecc.”. Devo ammettere che dà un po’ fastidio vedere il partito noto per il suo pragmatismo, la sua capacità di fare sempre Realpolitik anche in momenti difficili (Castelfirmiano…), avendo chiaro sia l’obiettivo che il percorso, affrontare così superficialmente questo tema sensibile.
    Per gli altri partiti di lingua tedesca è un assist perfetto, anche se con i distinguo tra Vaterland e Freistaat, per vedere ribadito e ridondato il messaggio di base che come un tarlo ricorda al legno che prima o dopo verrà bucato: “Südtirol ist nicht Italien!”. E qui penso all’effetto soprattutto per i giovani di questa terra, quelli nati con l’autonomia, senza la memoria diretta del fascismo…
    C’è però un effetto positivo: leggendo le dichiarazioni “a favore” date in ordine sparso da quelli della SVP (e non solo) si avverte un cambiamento nei confronti degli italiani. Si passa da un atteggiamento”a-italiano” (come se non ci fossero…) a un discorso che riconosce la necessità di coinvolgerli in questo processo di autodeterminazione. Non è poco, gli italiani, forse solo strumentalmente, vengono “visti” come soggetti da far partecipare attivamente nel momento in cui si pensa al destino di questa terra. E si provasse a “vederli” anche quando si tratta di autonomia da sviluppare?

    – per quanto riguarda la componente politica interetnica (?) l’effetto di questa storia segnala una certa confusione con reazioni contraddittorie che segnalano la mancanza di visione chiara rispetto al tema della “questione etnica” in generale e dell’autonomia in particolare (e dei suoi possibili sviluppi). Questo potrebbe spiegare un certo imbarazzo, quasi fastidio in alcuni, nel confronto di questa accelerazione. Forse il tutto nasconde, o meglio fa venir fuori una difficoltà più strutturale rispetto alla questione (inter)etnica vissuta più come fastidio, quasi un peso, che impedisce a questo movimento di spiegare le ali come vorrebbe (ispirandosi agli scenari austriaci e tedeschi in cui la componente verde ha trovato un posizionamento chiaro nel quadro politico).

    Questo è il mio bilancio schematico sugli “effetti”… mi piacerebbe confrontami con altre letture…

  9. gabriele,
    per me puoi tematizzare l’autodeterminazione e anche altro. siamo liberi di parlare e di scrivere, ci mancherebbe.
    mi rimproveri spesso di non comprendere la tua analisi. provo a riassumerla, così vediamo dove toppo.
    tu dici che l’autonomia ha spostato il conflitto etnico dalla realtà al piano della rappresentazione. aggiungi che di questo conflitto (di questa rappresentazione del conflitto) il sistema dell’autonomia ha strutturalmente bisogno; perciò sarebbe impossibile arrivare ad una reale convivenza.

    io ritengo invece che l’autonomia abbia imbrigliato il conflitto etnico, facendo ciò che è compito della politica: evitare che la gente si prenda a mazzate sul cranio. questo è già un grande merito, secondo me.
    inoltre ritengo che in questa autonomia sia possibile convivere. così come è chiaro che i gruppi linguistici esistono (e non sono un’invenzione perversa di coloro che vogliono dividerci), così come è chiaro che non ci sono gabbie etniche (fuorché nella mente di chi non saprebbe cosa dire senza quella metafora così suggestiva), così è chiaro, per me, che non vi è nulla, nella nostra autonomia, che renda la convivenza impossibile.

    la convivenza non è impossibile in questo quadro: ci sono migliaia di esempi che lo dimostrano. a questa affermazione sento però il bisogno di aggiungerne un’altra: la convivenza è difficile. per varie ragioni: la politica nazionalista (da parte tedesca e da parte italiana), c’è il fallimento della scuola (italiana), la faziosità dell’informazione (italiana e tedesca), la scarsa preparazione degli intellettuali e delle classi dirigenti (italiani), una buona parte della politica della svp (tedesca), una buona parte della politica dei langeristi (italiani): in un modo o nell’altro, tutti hanno nutrito i reciproci pregiudizi.

    ora vorrei sapere da te se, fino a questo punto, ho compiuto errori nel comprendere la tua analisi.
    da aldo vorrei invece sapere una risposta a questa domanda: è possibile un “miteinander” dei gruppi linguistici nel quadro di questa autonomia?

  10. @Giudiceandrea

    Sotescrit.

    Man kann zusammenleben, ohne einen neuen Gesamtsüdtiroler zu schaffen. Man kann Zusammenleben und die kulturellen Eigenheiten des anderen respektieren. Das macht die Mehrheit der verschiedensprachigen Südtiroler auch.
    Man sollte einfach nicht zuviel Wert auf die Trennungs-Rethorik legen. Auf jeden Fall ist die Selbstbestimmungsdebatte an Unnötigkeit kaum zu übertreffen und kann dafür sorgen, dass die Leute wieder mehr auf die Trennungs-Rethorik hören.

  11. @pv
    Danke!

    Man sollte einfach nicht zuviel Wert auf die Trennungs-Rethorik legen

    und sich die Armel hochkrämpeln: Es gibt viel zu tun.

  12. @PV + Lucio

    Ihr macht es euch doch ziemlich einfach!

    “Man sollte einfach nicht zuviel Wert auf die Trennungs-Rethorik legen

    und sich die Armel hochkrämpeln: Es gibt viel zu tun.”

    Die Trennungsrethorik sitzt aber in den Köpfen der Menschen hier, und um das zu ändern muss etwas getan werden, man muss die Ängste der Menschen, und viele haben Ängste hier, Ernst nehmen, und mit dem Nichtstun(lassen wirs doch einfach wie es ist) wird es nicht besser.
    Es bräuchte die voglia die zweite dritte Sprache zu lernen, es bräuchte die Überzeugung, dass Mehrsprachigkeit ein Gut ist und kein Zwang! Wenn man dann soweit ist, braucht es keinen Proporz mehr, keine Zweisprachigkeitsprüfung, man muss nur zwei-oder dreisprachig sein, um an die begehrten Posten zu kommen, und schon wäre der “DISAGIO” inexistent. Aber wer will das, oder besser gefragt, wer will das nicht?

  13. @aldo48
    “per quanto riguarda quelli di lingua italiana”

    Was du schreibst, unterstreicht die absolute Notwendigkeit etwas hier in diesem Land zu ändern. Nur wie schaffst man es, den “spaesati” begreiflich zu machen, dass im Falle einer Streichung öffentlicher Mittel auch sie verlieren, und nicht nur die bösen Deutschen, wie schafft man es, diesen “disagiati” begreiflich zu machen, dass das Erlernen der deutschen Sprache eine Bereicherung ist, und keine Strafe? Ist es überhaupt möglich?

    “per quanto riguarda il gruppo di lingua tedesca”
    Ganz deiner Meinung, mit einer Ausnahme; das Entgegenkommen von Seiten der SVP, das stärkere Einbringen der Italiener in den Reformprozess ist doch nur Schaumschlägerei, ich kann das nicht glauben.

    “per quanto riguarda la componente politica interetnica”
    Die Grünen haben sicher ein Problem mit dem interethnischen Gedanken, gerade Sie, die als Vorreiter galten, haben selbst Probleme sich interethnisch zu positionieren. Sie haben die italienischenWähler verloren, und man müsste hinterfragen, warum das so ist, nur bin ich dazu die falsche Person.

    Abschliessend denke ich die “effetti” dieser eigentlich schon beendeten Diskussion sind eher negativ, denn niemand sprach von Selbstbestimmung im Zusammenhang mit neuen Lösungsvorschlägen für die verfahrene ethnische Situation in diesem Land, deshalb besser alles so lassen, unsere Gesellschaft ist noch nicht soweit, auf Proporz, Sprachgruppenzugehörigkeitserklärung, Art. 19, usw. zu verzichten

  14. @ Johnny

    Von bestimmten Kräften wird der angeblich existierende “ethnische Konflikt” dauernd warm gehalten.
    Für die Mehrheit gibt es keinen “ethnischen Konflikt”. Ich persönlich kenne niemanden der unter einem “ethnischen Konflikt” leidet.
    Das ist populistische Rethorik, Potemkin`sche Dörfer, Wahlstrategie von Kleinparteien.
    Schau wieviele Südtiroler die Grünen, PD, SVP, Bürgerliste oder Lega gewählt haben. Für diese überragende Mehrheit gibt es keinen “ethnischen Konflikt”.
    Das Zusammenleben funktioniert wie in jeder Gesellschaft zwischen Individuen mal besser mal schlechter. Vielleicht haben manche Individuen mit anderen Individuen aus irgendwelchen Gründen ein Problem.
    Es existiert aber kein “ethnischer Konflikt”, der einen signifikanten Anteil der Bevölkerung betreffen würde. Dieser imaginäre Konflikt wird von Leuten herbeigeredet, die daraus Vorteile ziehen wollen. Wenn von den Menschen dieses Phantom nicht ständig weitertransportiert würde, würde kein Hahn danach krähen.
    Jedenfalls ist das ankurbeln der Selbstbestimmungsdebatte der größte Blödsinn, den man in Südtirol anstellen kann.

  15. @Lucio
    “da aldo vorrei invece sapere una risposta a questa domanda: è possibile un “miteinander” dei gruppi linguistici nel quadro di questa autonomia?”

    …ritengo che nel quadro dell’attuale autonomia questo potrebbe essere possibile e sono scettico su altre soluzioni alternative. Probabilmente è solo dal quadro autonomistico che può nascere una risposta

    …ritengo che l’autonomia sia stata una scelta ragionevole che è riuscita in modo in generalmente positivo a gestire e “governare” un conflitto potenzialmente esplosivo (visto il carico lasciato dalle varie ferite storiche)

    …ritengo che la vicinanza sia di per sé insidiosa e quindi non mi meraviglio dei problemi che abbiamo ad affrontarla

    …ritengo che nel gruppo di lingua italiana sia necessaria una svolta nell’atteggiamento di fondo che passi attraverso ad una presa di coscienza critica di passato e presente per arrivare ad una maggiore identificazione con questa terra e con la sua gente per prendere in mano in maniera convinta il proprio destino “autonomistico”

    …ritengo che da parte tedesca, quelli che di fatto hanno costruito il palazzo e che hanno le chiavi, ci sia la grande responsabilità di decidere se favorire o impedire questo processo/accesso da parte degli italiani: “vedere” gli italiani, considerarli non solo come problema, ma come parte integrante da coinvolgere nell’interesse collettivo. Se ciò non avverrà chiaramente vorrà dire che il disegno è un altro

    …per concludere: a 90 anni da un’ingiusta annessione è necessario un salto da ambo le parti
    per sviluppare e fare diventare di tutti tutta una terra utilizzando lo strumento autonomia che, ripeto, potrebbe funzionare e andrebbe rimodellata in questo senso (un 3° Statuto come atto fondativo di una nuova fase?). Se una delle due parti non ci sta non può poi lamentarsi e vuol dire che gli va bene così. Ognuno si assuma le sue responsabilità per il tutto…

    una volta, forse ingenuamente, pensavo che sarebbe stato bello un passaggio “dal condominio alla WG”…

    Lucio, spero di aver risposto alla domanda secca, e spero di non essere stato troppo “cerchiobottista” o naif

  16. hai risposto in modo chiaro, aldo, e ti ringrazio.
    però: se dici che in questa autonomia è possibile un reale miteinander e se ti dici scettico su soluzioni alternative, perché poi auguri un terzo statuto di autonomia?
    in cosa dovrebbe essere diverso? è una questione di statuto di autonomia, cioé di patto costituzionale, o è una questione politica, cioé di gestione dell’autonomia?
    basta il secondo statuto di autonomia per vivere e realizzarsi qui o ce ne vuole un terzo?

  17. Pingback: Domanda da cento milioni di dollari. « Piattole!

  18. …per me nel nostro caso Autonomia vuol dire un sistema negoziato di norme per regolare i rapporti delle minoranze locali con il potere centrale (a loro tutela) e che al tempo stesso ha il compito di organizzare i rapporti di tutta la popolazione residente nel territorio. È necessario un forte equilibrio tra queste due funzioni.
    Dicendo 3° Statuto di Autonomia, non volevo lanciare un’altra “campagna”, intendevo solo sottolineare che, dopo tanto tempo, probabilmente è necessaria una revisione critica, partecipata e negoziata dell’attuale impianto proprio con l’obiettivo di renderlo esplicitamente più inclusivo.
    A 37 anni dal 2° Statuto, che ha dato i suoi frutti, ciò significa agire sia sulle norme (a medio termine, p. es. i 4 anni di residenza) che sulla loro gestione (a breve termine).
    Anche qui forse sono di nuovo troppo ingenuo, ma non riesco ad entrare nella logica di quelli che dicono o accetti quest’autonomia così com’è o di fatto sei contro l’autonomia, oppure l’autonomia non potrà mai funzionare perciò pensiamo alla soluzione Selbstbestimmung…

  19. @ Aldo

    Ottimi contributi. Mi limito a un paio di considerazioni sulla crisi SVP.

    1. Non credo che il dibattito pubblico sull’autodeterminazione abbia distratto l’attenzione dalla crisi strutturale e politica che affligge la SVP. Mi pare piuttosto che l’abbia resa ancora più evidente. La superficialità con cui l’SVP “sta affrontando questo tema sensibile” dimostra che il partito di raccolta dei sudtirolesi, oltre a non essere più in grado di gestire come vorrebbe lo scenario della nostra attualità, non è capace di immaginare un futuro radicalmente alternativo. Se prima potevamo mettere il dito nella piaga SVP, ora possiamo infilarci il braccio.

    2. E poi, Aldo: non credi che l’SVP “affronti così superficialmente questo tema sensibile” perché sa che UNO degli OBIETTIVI inevitabili del PERCORSO autodeterministico sarebbe la fine del partito di raccolta dei sudtirolesi? Probabilmente mi sbaglierò, ma credo che approfondire il tema del proprio suicidio quando non si ha nessuna intenzione di morire sia sempre qualcosa di sgradevole. Quello che per altri partiti è un “tema sensibile”, per la SVP è una questione di vita o di morte: nello staterello indipendente immaginato da BBD il “partito di raccolta dei sudtirolesi” così come è ora non avrebbe letteralmente senso. Per continuare a svolgere un ruolo decisivo (da protagonista) sul nuovo palcoscenico istituzionale, la SVP non potrebbe limitarsi a un semplice cambio di vestito, ma dovrebbe modificare profondamente il proprio DNA. Dovrebbe diventare qualcos’altro, reinventarsi di sana pianta. Il problema più concreto, però, è che un cambiamento istituzionale porterebbe sicuramente a un drastico ridimensionamento delle quote di potere SVP.

    3. “L’SVP per la prima volta appare indecisa, incapace di portare avanti il modello autonomistico, di riuscire a immaginare proposte concrete per un suo sviluppo che faccia il salto forse ormai necessario di inclusione di tutti gli abitanti di questa terra (se non goffamente al momento delle elezioni)”: anche questo è un punto delicatissimo (sempre nell’ottica del partito di raccolta), perché quello che a molti di noi sembra ormai un salto necessario, per la SVP potrebbe rivelarsi un salto nel baratro. È infatti molto probabile che se la SVP optasse per un coinvolgimento reale di “tutti gli abitanti di questa terra nello sviluppo dell’autonomia” (che cioè andasse oltre la squallida letterina inviata agli italiani in periodo pre-elettorale) l’emorragia di voti alla sua destra diventerebbe una specie di dissanguamento. Credo che ormai si sia capito: proprio come Lucio, non ho molta fiducia nella maggioranza degli altoatesini. A differenza di Lucio, però, ho pochissima fiducia nella maggior parte dei sudtirolesi. Questo è anche il motivo per cui alla domanda con la quale concludi il tuo penultimo punto, risponderei con una provocazione: se la SVP provasse a “vedere” gli italiani anche quando si tratta di autonomia da sviluppare, la SF e i Freiheitlichen raddoppierebbero i loro elettori.

  20. Avverto che prima o poi risponderò a tutti. È una minaccia, più che una promessa… 😉

  21. caro aldo,
    mi sarebbe piaciuto leggere nel tuo intervento la frase “in questa autonomia è possibile un reale miteinander dei gruppi linguistici e delle persone”.
    non è presunzione, ma esigenza di chiarezza, perché tu sai bene che molte persone alle quali siamo vicini e con le quali condividiamo un lungo tratto di cammino sono convinte che non è così, che in questa autonomia non è possibile un vero miteinander.
    da ciò che scrivi si capisce però che non hai difficoltà a riconoscere i meriti del secondo statuto di autonomia. forse è solo una questione di accenti, forse gli accenti significano qualcosa, forse no.

    condivido perfettamente il tuo auspicio che vi siano segnali di inclusione verso tutti i gruppi. questo è un compito del quale il maggiore partito di questa terra dovrebbe finalmente farsi carico, se veramente tiene alle sorti di ciò che ha costruito (temo però che essi tengao molto di più alle loro poltrone). non condivido invece lo slogan di una “terza autonomia” (so che tu non vuoi lanciare battaglie o tormentoni) nella misura in cui rischia di diventre un alibi per chi, finora, non ha partecipato (voluto partecipare) al sistema. del tipo: prima ci vuole la terza autonomia, che elimini le ingiustizie di questa, poi potremmo finalmente partecipare. questo mi sa tanto di altrovismo.
    ciao

  22. “mi sarebbe piaciuto leggere nel tuo intervento la frase “in questa autonomia è possibile un reale miteinander dei gruppi linguistici e delle persone” non è presunzione, ma esigenza di chiarezza…”

    caro Lucio,
    perchè non l’ho detto?

  23. Mi sono riproposto di prendere la parola in modo più diffuso (ma intanto la discussione fluisce, è anche bello vedere che il “proprio” blog diventa uno spazio di discussione liberamente sfruttato dagli altri, ma poi si perde il turno…). Dirò qualcosa adesso, commentando la citazione di Lucio ripresa da Aldo.

    Cosa si intende per “reale Miteinander”? L’aggettivo (reale) intensifica il Miteinander che, a sua volta, dovrebbe segnalare uno scatto qualitativo sulla scala della convivenza (c’è dunque un “Nebeneinaner”, poi un “Miteinander” e infine un “reale Miteinander”). Lucio (forse “tirato” dal suo spirito polemico) vorrebbe dunque farci ammettere che in Sudtirolo (all’interno della cornice istituzionale dell’autonomia) non solo è sbagliato affermare che viviamo in una situazione di Nebeneinander, ma che sarebbe addirittura riduttivo parlare di Miteinander. Per Lucio, attento sempre a privilegiare i fatti e non le parole (privilegiamento che però avviene grazie alle parole), noi viviamo in un regime di REALE MITEINANDER.

    Questo è strano. Più volte, infatti, lo stesso Lucio ha descritto in questo modo il rapporto tra “italiani” e “tedeschi”: i tedeschi IGNORANO gli italiani.

    Ora, come è possibile che tra i tedeschi (che secondo Lucio IGNORANO gli italiani) e gli italiani (IGNORATI dai tedeschi, sempre secondo Lucio) la relazione sia quella di un REALE Miteinander?

    Se fossimo davvero in un regime di REALE Miteinander (come afferma Lucio UNO), non si potrebbe certo affermare che i tedeschi IGNORINO gli italiani e che gli italiani siano IGNORATI dai tedeschi (come afferma Lucio DUE). Esistono dei FATTI che possano falsificare uno dei due Lucio? Quali? E quale sarà, alla fine, il Lucio che otterrà ragione in seguito a questo processo di falsificazione?

    Io sono dell’avviso (e con ciò rispondo a una domanda posta da Aldo Mazza) che alla luce della particolare struttura autonomistica in cui viviamo abbia più ragione Lucio DUE, quello che ci parla dell’indifferenza dei tedeschi. E che dunque il Miteinander sia molto pregiudicato da questo modo di percepire le cose (cioè gli italiani). L’autonomia infatti è costituita da un complesso di norme che non sono state stese per favorire il Miteinander nei termini di una LIBERA SPONTANEITÀ. Questa è ovviamente garantita a livello soggettivo, individuale, al di fuori dei luoghi e delle norme che devono disciplinare la relazione tra i GRUPPI. E siccome anche Lucio è d’accordo sul fatto che i GRUPPI ESISTONO, non gli sarà difficile riconoscere che AL LIVELLO DEI GRUPPI questo famoso Miteinander è molto meno REALE di quello che sarebbe se queste norme non esistessero (e intendiamoci: se queste norme non esistessero la REALTÀ del Miteinander potrebbe anche sfociare in un sanguinoso GEGENEINANDER).

    Ma come detto, ci tornerò su con più calma.

  24. Voglio solo offrire un breve riassunto per poi ripartire.

    Io dico: NO, in Sudtirolo, alla luce della particolare struttura istituzionale che abbiamo, NON È POSSIBILE un REALE MITEINANDER dei gruppi linguistici (in quanto gruppi). Esiste piuttosto, a livello diffuso, un NEBENEINANDER con ovvie eccezioni individuali (o di piccoli gruppi) in direzione di un effettivo, reale MITEINANDER. Al livello alto, politico, prevale un MITEINANDER (non solo “reale”, ma addirittura “iper-reale”) che poi non è altro che una raffinata forma di CONSOCIATIVISMO (Konkordanzmodell, come ci ripete sempre G. Pallaver) o di spartizione degli ambiti d’influenza in vista del mantinemento (alla base) del NEBENEINANDER del quale ho già detto.

    Quindi, come si vede, un quadro mosso, articolato, differenziato.

  25. oddio, aldo, adesso non dirmi che non l’hai scritto perché credi che non sia possibile!!!

  26. ti confondi, come al solito, gabriele.

    sto facendo una domanda, col punto interrogativo al termine della frase: una domanda, ripeto. alla quale potresti anche cercare di dare una risposta, anziché menare per il blog concetti confusi e invero poco suggestivi.
    la domanda è chiara, anche se tu aborri la chiarezza, sembrando essa alla tua mente una cosa dappoco e da disprezzare (tutti gli idealisti come te disprezzano la chiarezza).
    la mia risposta è:
    “in questa autonomia è possibile un reale miteinander dei gruppi linguistici e delle persone”!
    ripeto: secondo me è possibile un reale, vero miteinander (conosco un sacco di gente che dice di essere disposto al miteinander, ma poi vive esclusivamente in un mondo “mono – per questo ho aggiunto l’aggettivo “reale”, che avrei anche potuto risparmiarmi…) in questa società. è possibile: nulla cioé lo impedisce (tranne le gabbie e le confuse elucubrazioni che dominano molte teste). il miteinander non è impedito da alcuna disposizione del sistema.
    se sei riuscito a seguire fin qui ti chiedo un altro sforzo:
    il miteinander, secondo me, è possibile. ma è anche difficile.
    per adesso mi fermo, gabriele. temo che la carne al fuoco sia troppa, per te.

  27. “mi sarebbe piaciuto leggere nel tuo intervento la frase “in questa autonomia è possibile un reale miteinander dei gruppi linguistici e delle persone” non è presunzione, ma esigenza di chiarezza…”

    caro Lucio,
    perchè non l’ho detto?

    “oddio, aldo, adesso non dirmi che non l’hai scritto perché credi che non sia possibile!!!”

    … forse perché la domanda non ha una risposta secca…

    … forse perché non accetto la logica per cui, discutendo con te, devo affermare che è possibile solo perché se non lo faccio fornisco alibi a quelli che da sempre sono contro l’autonomia “a prescindere”

    … forse perché non mi interessa la domanda che vorrebbe una sorta di schieramento di principio e invece io vorrei ragionare su cosa si può/deve fare per far fare un salto qualitativo, che, secondo me, a questo punto è necessario. E poiché ritengo che lo sia cerco di concentrarmi sui possibili margini/scenari di miglioramento…

    … forse perché sono un altrovista…

    … forse continua…

  28. “temo che la carne al fuoco sia troppa, per te…”

    Lucio, con tutto il rispetto: non ti riconosco una supremazia intellettuale da poterti permettere frasi del genere. Mi dispiace, ma da me pacche sulle spalle non le avrai mai.

  29. Torno ad una sobria argomentazione (sperando di non dover leggere ancora inopportune affermazioni di carattere personale)…

    Dice Lucio: “in questa autonomia è possibile un reale miteinander dei gruppi linguistici e delle persone”!

    Un reale Miteinander delle persone è sempre possibile e nessuno lo nega. Si lavora insieme, si va a mangiare insieme, ci si innamora, si fanno figli insieme… tutte ottime cose per un ottimo Miteinander.

    Ma consideriamo il Miteinander per “gruppi linguistici”. Il partito che in provincia detiene la maggioranza quasi assoluta (che cioè sfiora il 50% dei consensi generali) vieta per statuto che al suo interno militino persone dichiaratesi di madrelingua italiana. È un buon esempio di Miteinander? L’assegnazione dei posti pubblici è regolata da un meccanismo che prevede quantità predeterminate in rapporto alla consistenza dei gruppi linguistici. È un buon esempio di Miteinander? Il sistema scolastico è costruito in modo tale che i bambini scelgano di iscriversi in scuole orientate prevalentemente al monolinguismo. È un buon esempio di Miteinander? La gran parte dei cosiddetti posti apicali non prevede alcun meccanismo di rotazione etnica. È un buon esempio di Miteinander? Le liste dei partiti che si presentano alle elezioni provinciali presentano quasi tutte (ad eccezione dei Verdi e in minima parte il PD) candidati di un solo gruppo linguistico. È un buon esempio di Miteinander? Gran parte delle associazioni è frequentata da persone di un unico gruppo linguistico. È un buon esempio di Miteinander? Assistiamo periodicamente a dibattiti su monumenti, toponomastica e altre faccende di tipo “identitario” che polarizzano in fronti etnici l’opinione pubblica. È un buon esempio di Miteinander? I media (televisione, radio, giornali) non consentono la compresenza di più lingue o di contributi in più lingue. È un buon esempio di Miteinander? La giunta provinciale è costantemente formata in base all’esclusione dei partiti “italiani” che prendono la maggioranza dei voti. È un buon esempio di Miteinander? Si potrebbe proseguire, ma per carità non lo facciamo.

    Dunque, è chiarissimo che a livello di gruppi linguistici non abbiamo un REALE Miteinander, ma un controllatissimo Miteinander che tende spesso a un mero Nebeneinander.

    Nessuno scandalo, peraltro. L’autonomia, funziona così, è così. La sua positività (e per questo l’apprezziamo tutti) consiste nel tenere basso il potenziale di conflitto mediante una “spartizione” delle zone d’influenza etnica. Ma scambiare l’autonomia per qualcosa che non è (un “ambiente” nel quale prospera un reale Miteinander) rasenta la propaganda ideologica e di partito che leggiamo quotidianamente sul Dolomiten.

    E poi, torno a dire, sentire affermare da uno che ha più volte detto “per i tedeschi gli italiani non ci sono” che qui si vive in un REALE Miteinander è a dir poco grottesco…

  30. mi sembra di vere posto una domanda chiara:
    “è possibile, in questa autonomia, un reale miteinander dei gruppi linguistici e delle persone?”
    la domanda riguarda la possibilità del miteinander, non lo stato attuale del miteinander. non chiede cioé se si ritenga che vi sia un effettivo stato di miteinander, ma solo se tale stato, in questa autonomia, sia possibile.
    (gadilu svolge, in un precedente intervento, tutta una serie di considerazioni che partono da una assurda e del tutto ingustificata interpretazione delle mie parole: e cioé che questo miteinander effettivamente vi sia già; scrive infatti:
    “Per Lucio, attento sempre a privilegiare i fatti e non le parole (privilegiamento che però avviene grazie alle parole), noi viviamo in un regime di REALE MITEINANDER.”
    perciò ignorerò tutte le considerazioni fatte da gadilu in seguito a questa falsa interpetazione del mio pensiero.)

  31. la domanda se sia possibile un reale miteinander dei gruppi e delle persone in questa autonoma mi sembra importante pr diverse ragioni.
    la principale è questa. da parte degli altoatesini e degli italiani vi è stata e vi è tutt’ora un tipo di opposizione politica e culturale improntata non (solo) alla critica della gestione del sistema dell’autonomia, ma alla critica del sistema stesso. tale è la posizione dei nazionalisti italiani: da censurare non è solo la politica della svp, ma anche il sistema dell’autonomia, che prevede privilegi e discriminazioni, fatto di norme ingiuste e quant’altro. so bene che nè gadilu, nè aldo possono esser sospettabili di nazionalismo italiano, ma so anche che l’opposizione al sistema dell’autonomia, non solo alla gestione dell’autonomia, riguarda anche correnti di pensiero a noi più vicine. nessuno potrà negare che, anche se non in senso nazionalista, langer (cito lui come capostipite di una corrente tutt’altro che secondaria) si opponeva al sistema dell’autonomia e non solo alla sua gestione.

    questa è la ragione che mi induce ad essere insistente e a chiedere chiarezza sulla famosadomanda iniziale. perché se effettivamente noi viviamo in un sistema dove un reale miteinander è impossibile, allora bisogna concentrare gli sforzi appunto sul cambio di sistema, su una terza autonomia, sull’autodeterminazione, sulla restaurazione o su quant’altro.
    se inece un reale miteinander è possibile in questa autonomia, allora bisognerà cercare le cause del fatto che un reale miteinander ancora non si è realizzato in un altro campo e darsi altri obiettivi… e tutti possiamo immaginare che vi sia molto da fare.

    (continua)

  32. Benissimo Lucio. Dunque tu parli di possibilità e non di realtà. E a livello di possibilità (ancora di là da venire, dunque) ritieni che QUESTA cornice istituzionale, l’autonomia, consenta un REALE Miteinander.

    Io no.

    Io ritengo (lo ripeto) che questa particolare nostra struttura possa produrre quello che ha prodotto, e non credo alla possibilità che da essa possa scaturire un REALE Miteinander dei gruppi linguistici.

    Vuoi una dimostrazione? Te la do.

    Nel libro che ho citato da qualche parte, qui, di Manuela Zappe (das ethnische Zusammenleben in Südtirol) si riporta a un certo punto questo giudizio di un cittadino di lingua tedesca:

    Wir sagen, auf lange Sicht unterscheidet uns nur das (die Sprache, ndr). Solange uns etwas so Offensichtliches wie die Sprache unterscheidet, haben wir eine gewisse Eigenständigkeit und auch einen gewissen Anspruch, eigenständig zu sein oder morgen eben das, was wir wollen: die Unabhängigkeit von Italien, zumindest die Selbstbestimmung.

    Se vuoi, in questa affermazione è condensata l’essenza dell’autonomia, la sua ratio più profonda e financo tutto il suo orizzonte di sviluppo (che come forse riesci a comprendere non punta ad un acclimatamento progressivo all’interno dello stato italiano, ma coltiva sempre il desiderio di “staccare” questo territorio dal resto del Paese e ricreare, se possibile, un contesto di omogeneità linguistica).

    Bene, io sostengo che a questo livello (cioè al livello descritto dall’essenza dell’autonomia così come è presentata dalla citazione precedente) si può parlare di REALE Miteinander solo ignorando o banalizzando il significato più profondo di questo termine (Miteinander).

    E ora, Lucio, una domanda. Come te lo immagini tu, questo REALE Miteinander? Puoi descriverlo? Puoi descrivere che tipo di RELAZIONE dovrebbe instaurare tra i gruppi linguistici? E soprattutto: puoi descrivere quali modificazioni (eventuali modificazioni) provocherebbe sul nostro impianto istituzionale, sulla nostra stampa, sul nostro sistema scolastico ecc. ecc.?

    Attendo con fiducia la tua risposta.

  33. cerco ora di ricostruire quello che considero un equivoco nella discussione con aldo.
    alla mia domanda egli risponde:
    “ritengo che nel quadro dell’attuale autonomia questo potrebbe essere possibile e sono scettico su altre soluzioni alternative. Probabilmente è solo dal quadro autonomistico che può nascere una risposta…”
    direi che è accettabile come risposta. avrei fatto meglio a fermarmi qui e a non provocare (“parla chiaro! per favore”), perché successivamente aldo specifica:
    … la domanda non ha una risposta secca…
    … non accetto ricatti (sto riassumendo)
    … la domanda vorrebbe una sorta di schieramento di principio e invece io vorrei ragionare su cosa si può/deve fare per far fare…

    giusto. si può già oggi fare di più per il miteinader e nello stesso tempo auspicare quelle modificazioni del sistema che favoriscono il miteinander. è una posizione ragionevole, che condivido. la definirei riformista, noncerto rivoluzionaria.
    quello che a me viene da aggiugere è che non si può coltivare l’illusione che il miteinander sia possibile (solo) una volta che cete condizioni saranno abolite e altre introdotte.
    ciarito l’equivoco?

    (continua)

  34. questa è la ragione che mi induce ad essere insistente e a chiedere chiarezza sulla famosadomanda iniziale. perché se effettivamente noi viviamo in un sistema dove un reale miteinander è impossibile, allora bisogna concentrare gli sforzi appunto sul cambio di sistema, su una terza autonomia, sull’autodeterminazione, sulla restaurazione o su quant’altro.

    Ci siamo incrociati… così questa riflessione di Lucio ha preceduto la mia risposta al suo precedente intervento. Ma riparto lo stesso da qui…

    Io penso che finché non ci chiariamo BENE la modalità di questo benedetto Miteinander la discussione non avrà molto respire. L’unico punto fermo, mi pare, è che NESSUNO DI NOI, allo stato attuale, giudica che ci troviamo in presenza di un REALE Miteinander. Poi ci si biforca: Lucio ritiene (o sembra ritenere) che questo REALE Miteinander sia possibile anche mantenendo tutto cosi come è adesso; Aldo ritiene che così come è adesso le cose non vadano troppo bene (anche se non vanno male); io dico che le cose vanno benissimo, purché non si parli della possibilità di avere un REALE Miteinander (che reputo impossibile a QUESTE condizioni).

    Però, dicevo, o ci chiariamo una volta per tutte cosa intendiamo quando parliamo di Miteinander, oppure discorriamo solo a vanvera.

  35. con gadilu mi scuso per il tono offensivo. quel che mi ha scombussolato è stato l’equivoco secondo il quale io, con quell’aggettivo “reale”, avrei voluto sostenere che il miteinander già c’è, è appunto reale. io non affermo questo, chiaro!

    più interessante e da approfondire è invece un suo successivo commento, che differenzia tra il miteinander delle persone e il miteinander dei gruppi. gadilu scrive:
    “Un reale Miteinander delle persone è sempre possibile e nessuno lo nega.”
    osservo: un reale miteinander delle persone non è sempre possibile. nelle situazioni di apartheid autentica, ad esempio (e tu sai bene, gadilu peché cito questo termine), è molto difficile che le persone classificate come diverse siano miteinander. inoltre non è neppure vero che “nessuno lo nega”. ci sono molte persone in alto adige disposte a negare che, in questa autonomia, neppure le persone possono stare miteinader.
    questo mi sembra comunque un aspetto originale: persone vs gruppi. le persone possono stare miteinander, i gruppi no, dice gadilu. per ora osservo questo: mi viene spesso rimproverato di dare t roppo risalto ai gruppi (linguistici, o peggio etnici), mentre in realtà esistono solo persone. bene: qui ci troviamo su posizioni diametralmete opposte. dal discorso di gadilu (il miteinander in questo sistema è possibile tra le persone, ma non tra i gruppi), si capisce infatti che egli, del tutto ragionevolmente, dedica maggiore importanza alle dinamiche tra i gruppi che alle dinamiche tra le persone. io ritengo che i questo sistema sia possibile il miteinander per entrambi: persone e gruppi. il miteinander di questi ultimi, a mio parere, è possibile inquanto regolamentao dal sistema.

    (continua domani)

  36. OK. scuse accettate. Equivoci chiariti. Abbiamo raggiunto un punto importante, proviamo a svilupparlo.

    Solo un’ultima chiarificazione: io non dico che il miteinander (che però vorrei definire meglio) è sempre possibile in ASSOLUTO. Dico che è possibile qui, in Sudtirolo. Però, come correttamente rileva Lucio, penso che l’autonomia non favorisca (non POSSA favorire) il miteinander tra i gruppi (in quanto gruppi). Mentre Lucio dice di sì (o tenderebbe a dire di sì). Ripartiamo da qui.

  37. Pingback: Was heißt aber miteinander? « Sentieri Interrotti / Holzwege

  38. MITEINANDER ??!!??

    Man muss Lucio in einem Punkt Recht geben, das gibt es wirklich, das Miteinander einzelner Personen, das sich verlieben in jemanden, der der anderen Gruppe angehört, Freunde haben, die der anderen Gruppe angehören. Aber das ist kein Miteinander in dem Sinn, der hier angesprochen wird, das sind individuelle Geschichten, die nichts mit dem Miteinander der Sprachgruppen zu tun haben. Ich wage sogar zu behaupten, dass solche Beziehungen für einen der Beteiligten grosse Nachteile mit sich bringt.

    Aber was kann man dann für das Miteinander der Sprachgruppen tun? Wahrscheinlich wäre der erste Schritt weg von den Autonomieregeln, die die Italiener ,laut eigener Auffassung, in diesem Land ausgrenzen. Aber Vorsicht, man muss sich im Klaren darüber sein, das kann kein Freibrief für die ST aller Sprachen sein! Es bräuchte dann mehr denn je die “voglia” der ital.spr. ST die deutsche Sprache zu lernen, um im nun endlich freien Markt, ohne Proporz u.ä., konkurrenzfähig zu sein, und auch umgekehrt darf es nicht zu “WIR SIND IN TIROL, HIER WIRD DEUTSCH GESPROCHEN” führen. Aber sind wir schon so weit, ist unsere Gesellschaft in diesem Land bereit, etwas tolleranter zu werden?? Denn ohne Tolleranz wird es nie dieses MITEINANDER geben.

  39. ich glaube, wir sind noch nicht so weit!
    deshalb sollten wir das nebeneinander nicht staendig in frage stellen oder es miess machen. wir sollten vielmehr versuchen, das beste daraus zu machen.

  40. Pingback: Un anno di Sentieri Interrotti « Sentieri Interrotti / Holzwege

Lascia un commento