Per fortuna non siamo in campagna elettorale, abbattuta, anche lei, dall’emergenza virus: ubi maior minor cessat. Ma anche se non siamo in campagna elettorale, purtroppo, ci tocca assistere a qualche capitombolo di rappresentanti delle istituzioni galvanizzati dal loro ruolo di controllori, e convinti perciò di avere a che fare con una popolazione di indisciplinati “furbetti” pronti a tutto pur di assecondare l’ascesa della virulenza e la diffusione del morbo. Non fa eccezione, anzi, il sindaco di Bolzano Renzo Caramaschi, il quale aveva già pronta la carta del monitoraggio di massa, affidata al volo di droni posti nelle mani, anzi negli occhi della Polizia Municipale, al fine di reprimere assembramenti e uscite troppo disinvolte dall’unico seminato concesso oggi alla cittadinanza: restare tappati in casa e muoversi solo in caso di estrema necessità. A quanto pare, e per fortuna, non se ne farà nulla o si farà il poco (non so in realtà se si tratti davvero di poco) che già si sta facendo, ma per finalità di diverso tipo. Ora, io non sono tra quelli che giudicano le misure del governo, vale a dire l’ordine di contenere gli spostamenti ecc., un inevitabile prodromo del fascismo tecnologico imminente; non sono però neppure favorevole ad una implementazione a tappeto della tecnologia basata su un assunto tanto semplice quanto pericoloso: il cittadino va colto sempre in fallo, e se non sbaglia lo facciamo sbagliare noi mettendo i suoi comportamenti al microscopio (il drone è un microscopio che vola). Il confronto con l’attuale stato di emergenza sta facendo emergere troppi istinti moralizzatori, trasforma il vicino di casa in un delatore e solletica brame repressive che vanno contenute proprio come se fossero, anche loro, un virus da combattere. Già siamo messi malissimo dal punto di vista del linguaggio (chi usa la parola “furbetto” o “furbetti”, come ha fatto il sindaco-scrittore, dovrebbe piazzare un drone sulla sua tastiera e consentirgli di intervenire lanciando un allarme di avvenuto contagio populistico), se ci mettiamo poi anche questi cazzetti volanti a ficcare il naso ovunque non ne veniamo più fuori. Quando sarà il momento (e secondo me è sempre il momento) dovremo riflettere sulle tante parti in ombra di questa voglia sfrenata di controllo, adesso “coperta” dalle note ragioni. I cittadini, noi tutti, siamo già messi a dura prova dalla reclusione forzata. L’essenziale l’hanno capito tutti, o quasi. Ritenere però che l’esistenza di qualche “sordo” autorizzi chi detiene il potere di fare applicare la legge a dotarsi di megafoni sempre più forti non rende il clima acustico generale più salubre. La strategia che ci piacerebbe vedere messa in atto è quella che punta ad una maggiore responsabilizzazione, non quella che usa “urgenza”, “paura” e “pericolo di vita” per legittimare ogni possibile riduzione delle libertà fondamentali da parte di “sceriffetti” (sono il pandant dei “furbetti”) improvvisati. Io sto a casa finché si useranno argomenti condivisibili di prudenza, non perché bloccato dal terrore che un drone mi cada sulla testa, o un altro microscopio assetato di supposte nefandezze mi entri nelle mutande per verificare se sono abbastanza pulite.
#maltrattamenti