Com’era già accaduto durante la votazione per l’insediamento del sindaco, i tre consiglieri di CasaPound si sono astenuti in occasione dell’approvazione del documento di programmazione economica di fine anno. La notizia è stata data con un certo rilievo dai media, che hanno sottolineato il carattere di reciproca «apertura» tra l’ala più estremistica dell’opposizione e il governo cittadino. Qualcuno ha ritenuto esagerata l’enfasi, considerando la limitazione che il richiamo a ideologie contrapposte trova nel concetto e nella pratica dell’«amministrazione».
È dunque sul piano amministrativo, non su quello ideologico, che può darsi, come visto, una convergenza. Non è un male sia così. Pensare che non sia un male significa, senza introdurre ulteriori sfumature, affermare sia anche un bene? Cercare una risposta ci permette di approfondire la questione della strategia comunicativa di CasaPound, composta da una miscela assai variegata di attitudini: vicinanza alle esigenze della popolazione italiana più svantaggiata (sulla pagina Facebook della sezione bolzanina campeggia la scritta: «Essere liberi di dire prima gli italiani e dopo, forse, gli stranieri»), volontarismo teso a ristabilire una rozza, ancorché efficace, lotta contro il «degrado», fino a un’equivoca interpretazione della propria funzione di sentinella della sicurezza che tende a sostituirsi, anche maldestramente, alle forze dell’ordine. L’utilizzo di simboli tratti dal passato fascista e nazista, poi, aggiunge quella nota provocatoria, quando non sfocia nella violenza vera e propria, che serve a coltivare il proselitismo di chi avrebbe qualche difficoltà a seguire una strategia troppo mansueta e istituzionalizzata sul côté amministrativo, specialmente in una città come Bolzano, tendenzialmente di destra. Sia detto ironicamente: ciò funziona benissimo come promessa di affidabilità a tuttotondo.
Se i vantaggi della strategia complessiva sembrano, per CasaPound, assodati, rimane il dubbio non lo siano per chi non può limitarsi a incassare tali «aperture» senza chiedersi quale sia la reale posta in gioco. Ci vorrebbe, insomma, un po’ di reciprocità, andando ad occupare fuori dal Palazzo quelle zone del consenso ancora mobilizzabile dove gli adepti della tartaruga possono sin troppo facilmente spacciarsi per gli unici, o comunque i più attrezzati, a costituirne il lievito. Le prossime elezioni amministrative sono lontane, ma il terreno, a lungo inaridito, deve essere preparato con grande anticipo.
Corriere dell’Alto Adige, 28 dicembre 2016