Per comprendere il senso del gesto compiuto dal senatore Francesco Palermo — la presentazione del disegno di legge sulla riforma dell’articolo 19 dello Statuto di autonomia per introdurre su base volontaria la possibilità di sezioni scolastiche nelle quali venga praticato l’insegnamento paritario dell’italiano e del tedesco — immaginiamoci un edificio dotato di cantina e terrazza.
In cantina sono riposti gli strumenti del nostro tradizionale convivere, i faticosi compromessi sempre sul punto di essere messi in discussione e quindi orientati verso ulteriori trattative, con i paletti posti alla libertà individuale da accordi e trattati, ovviamente in ossequio ai diritti dei rispettivi gruppi di appartenenza. Qui, però, troviamo pure qualche ingombrante e ammuffito ciarpame risalente a tempi passati, per esempio la questione dei cartelli di montagna, ai quali nessuno dice di tenere, ma che in realtà, appena se ne parla, scaldano gli animi più di una pentola a pressione. Sulla terrazza, invece, ecco finalmente il cielo aperto, dove tutto sembra possibile, i limiti vengono superati e la convivenza ha un profumo nuovo perché indica opportunità individuali. Basterebbe volerlo, basterebbe capire che in gioco non è più solo la difesa delle prerogative identitarie già note, peraltro inalienabili e non certo da sottoporre a inutili rischi, ma anche la competitività, la libertà, il futuro.
Giunto quasi alla fine del suo periodo romano, essendo piuttosto sicuro di non ricandidarsi, è probabile che Palermo abbia voluto salire in terrazza per dare almeno una piccola scossa, lasciare un ricordo del proprio lavoro segnalando che non si può morire di toponomastica o di discussioni su chi sarà destinato a rilevare il vice di un vice, perché è necessario rimettere al centro della discussione gli argomenti essenziali per chi vive nel nostro territorio. Purtroppo, ma non desta soverchia sorpresa, sembra che la scossa sia stata già riassorbita dal metabolismo politico al quale siamo abituati. Le prime dichiarazioni dei principali esponenti dei partiti — persino da parte di Elena Artioli, un tempo fiera paladina del plurilinguismo, ancorché da lei sempre frainteso come mistilinguismo — hanno fatto capire che per poter restare uguale a se stesso, a differenza della Sicilia di Tomasi di Lampedusa, qui tutto deve proprio rimanere inalterato il più a lungo possibile. Del resto, i tempi non sono mai maturi, dalla terrazza si può cadere. E allora è meglio stare un altro po’ chiusi in cantina.
Corriere dell’Alto Adige, 25 febbraio 2017