Al fine di commentare l’inatteso exploit che ha visto protagonista il sindaco di Bolzano uscente Renzo Caramaschi, può essere utile partire da una osservazione resa a caldo da Angelo Gennaccaro che con la sua lista «Io sto con Bolzano» è diventato uno dei protagonisti di rilievo del paesaggio politico appena uscito dalle urne: «La città si è risvegliata non così populista come credevamo fosse diventata». In questa frase è forse contenuta la chiave di lettura che spiega sia la resistenza dimostrata dal «vecchio» borgomastro e dalla sua coalizione agli assalti dei «nuovi» pretendenti, sia quella che potrebbe schiudere alla decifrazione del campo di forze più influenti prima e dopo l’imminente ballottaggio. Dunque, quando Gennaccaro parla di «risveglio» significa evidentemente che per un certo periodo abbiamo tutti dato credito a un qual certo onirismo, e la parola «populismo» contiene la materia della quale erano impastati i sogni adesso disciolti al cospetto del voto. A questo punto, però, occorre fermarsi e definire nel modo più stringente l’accezione di «populismo», visto che si tratta di un concetto talmente ripetuto da risultare usurato, quindi anche molto sfuggente.
La definizione che propongo è questa: «Populismo» significa comporre un catalogo di azioni e interventi ritagliati sui desideri semplificati di un popolo al quale difetterebbe per principio la voglia di accettare una versione complessa della realtà. Il tema della «sicurezza», ad esempio, si presta perfettamente a illustrarne gli effetti. Qual è stata la descrizione di Bolzano che i «populisti» hanno scelto di rimarcare in campagna elettorale? Bolzano, affermavano, sarebbe un luogo in cui ormai non si può più circolare liberamente, un territorio preda di una microdelinquenza ostinata, estirpabile soltanto se il sindaco ricorresse a metodi repressivi in aggiunta a quelli già utilizzati dalle forze dell’ordine.
Rispetto a una simile narrazione, Caramaschi ha invece sempre opposto l’illustrazione di quanto egli ha fatto e poteva fare all’interno del perimetro dei poteri entro i quali era costretto a riferirsi nel rispetto della sua funzione. Da un lato il sogno, appunto, dall’altro la realtà. E alla fine non è improbabile che molti cittadini abbiano capito che si governa solo rimanendo nei confini della seconda. Sempre insistendo sul concetto di «populismo», è possibile individuare però ancora un altro termine che, in sostituzione del «sogno», si oppone a quello di «realtà». Si tratta del concetto di «virtuale».
La Bolzano immaginata da Zanin, e soprattutto dagli esponenti dei partiti che lo sostengono, ha esposto sovente il profilo contraddittorio di un’entità in grado di irridere ogni tipo di contraddizione: una città, dunque, in cui i cantieri aperti non avrebbero causato alcun problema ai residenti; in cui la viabilità sarebbe migliorata senza vietare il passaggio delle auto; in cui l’aumento auspicato di dotazione finanziaria da gestire in loco avrebbe potuto all’occorrenza essere prodotto senza l’intralcio di una assidua concertazione con la Provincia; e in cui una Svp completamente dimentica del proprio mondo di valori potrebbe persino accettare di governare assieme a qualche esponente del nazionalismo italiano. Una teoria di possibilità virtuali, appunto, che fa a pugni con la realtà. Di contro, Caramaschi ha ancora una volta esibito dei semplici dati, indicando che l’accrescimento di certe dotazioni non poteva prescindere da un minuto lavoro di riconoscimento e di paziente limatura delle contraddizioni esistenti. «Bolzano deve tornare a essere capoluogo», affermavano così i primi, ipotizzando che la formula potesse di per sé risolvere tutto; «Bolzano è già capoluogo, ma i suoi problemi non possono essere risolti senza prendere nota delle difficoltà inerenti un’amministrazione e una storia complessa», ha ribattuto il sindaco.
Compreso in questi termini, il confronto tra Caramaschi e Zanin è dunque quello tra la dimensione del sogno e della virtualità da un lato e quella del realismo dall’altro. Tra meno di due settimane vedremo se i bolzanini decideranno di tornare a riavvolgersi nelle morbide coperte di cui è fatta la prima, oppure se decideranno di proseguire la fase del più ruvido «risveglio» annunciata dal voto del 20 e 21 settembre.
Corriere dell’Alto Adige, 24 settembre 2020