Caritas tra previdenza e umanità

Ha destato molta perplessità la notizia di un corso, organizzato dalla Caritas, che prevedeva un esplicito confronto con tecniche di contenimento della violenza. Parte della sorpresa è anche (e direi soprattutto) dovuta al fatto che ad occuparsi del corso sia stata chiamata l’agenzia lombarda Copsiaf, la quale ha come mission la “creazione di un modello di intervento integrato e mirato per gli appartenenti alle Forze dell’Ordine coinvolti in conflitti a fuoco o che hanno tenuto sotto puntamento qualcuno, esperienza quest’ultima altrettanto forte emotivamente”. Il video che accoglie gli internauti sulla pagina dell’associazione non lima le impressioni più crude e ci fa assistere a sequenze di minacce, colluttazioni e armi spianate come nei più classici telefilm polizieschi. Tutte cose abbastanza lontane dal clima di soffusa benevolenza che promana dal codice etico della Caritas (“Caritas è la carezza della Chiesa al suo popolo”), nel quale si spiega che l’opzione preferenziale riguarda “i poveri, gli esclusi e gli emarginati”.

Il direttore di Caritas, Paolo Valente, ha cercato di smorzare le polemiche asserendo che in realtà le simulazioni compiute durante il corso non avevano lo scopo di preparare gli operatori alla guerriglia, bensì solo quello di immergerli in una situazione di forte stress psicologico. Motivazione che lascia almeno qualche dubbio, visto che avere a che fare con persone in larga parte vittime di violenza (com’è il caso degli ospiti delle strutture gestite da Caritas) comporta un tipo di tensione diverso da quello provato quando ci si deve occupare di chi è invece attore di comportamenti violenti. Il che porta nuovamente a chiederci (e a chiedere) se, in effetti, aggressioni, ricorso alle armi e comportamenti che in qualche modo mettano a repentaglio la sicurezza siano all’ordine del giorno nei centri dei quali stiamo parlando. Ma le risposte, in questo senso, non hanno mai fatto pensare a particolari necessità di contenimento, men che meno di tipo para-militare.

Essere previdenti è una necessità ed è bene non trascurare niente. Occorre però evitare che lo si faccia immaginando situazioni talmente sfavorevoli da assomigliare ad eventi di tipo così diverso da quelli solitamente gestiti, perché altrimenti si rischia di accreditare metodi eccessivi o inadeguati. Ancora uno stralcio dal codice etico Caritas: “La competenza professionale è una prima fondamentale necessità, ma da sola non basta. Si tratta, infatti, di essere umani, e gli esseri umani necessitano sempre di qualcosa in più di una cura solo tecnicamente corretta. Hanno bisogno di umanità”.

Corriere dell’Alto Adige, 28 dicembre 2017

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