Come si cambia

Fonte: Facebook

The Times They Are a-Changin’, cantava il vecchio Bob Dylan nel 1964. Una canzone famosa, un testo poderoso, che scandiva, anzi presagiva il tempo in cui tutto sarebbe mutato, perché i figli di allora erano pronti a rivoltarsi contro i loro stessi padri per ribaltare concetti e filosofie, aspettative e pregiudizi. Spostandoci verso epoche a noi più prossime – ancorché lontane da siffatti afflati rivoluzionari –, ecco la nostra Fiorella Mannoia sul palco del Festival di Sanremo, siamo nel 1984, a parlarci di quel “pomeriggio della vita” mentre aspettiamo “che qualcosa voli”, a “sentire in fondo al cuore un suono di cemento”, mentre lei, la protagonista della canzone, aveva “già cambiato un uomo un’altra volta” (e infatti: “come si cambia, per non morire..”).

Dal mondo delle canzoni a quello della politica il passo è breve. Prendiamo per esempio Marco Galateo, neo-vicepresidente della Provincia di Bolzano, assessore alla cultura e alla scuola italiana. In teoria egli è (era?) il rappresentante di una tradizione che si rifà a ciò che non è morto del Ventennio, quindi anche al “non restaurare, non rinnegare” di almirantiana memoria. Sempre in teoria egli è (era?) anche l’erede del “disagio italiano”, di chi si è fatto le ossa oltre il Ponte Talvera, dove troneggia quel famoso-famigerato manufatto intitolato a una “vittoria” che, dall’altra parte dello stesso ponte, non solo non è mai stata riconosciuta, ma viene irrisa e si vorrebbe quasi dire vilipesa, e dove gli eroi non sono certo i Filzi e i Battisti pietrificati dalla mano di Adolfo Wildt, semmai un Andreas Hofer, l’oste-contadino della Val Passiria, quello insomma che rappresenta tutto ciò contro cui gente come Alessandro Urzì (e Galateo, almeno fino a pochi giorni fa) si è battuta per una vita.

E non c’è neppure bisogno di scavare tanto, è sufficiente per esempio andarsi a leggere quel che proprio Urzì – in una seduta del Dreier Landtag del 2014 – affermava, dichiarando il suo poderoso “no” alla proposta di istituire il canto di Hofer (“Zu Mantua in Banden”) come inno del Tirolo transfrontaliero: “Non sono tirolese, non ho voglia di esserlo e non lo sarò mai. Sono qui non ad alzare bandiere, ma a costruire un futuro di collaborazione non fondato su nostalgie e su qualcosa che non c’è più e non ci sarà più”. Parole chiare, parole forti, intonate più al dettato remoto ma tutto d’un pezzo di Goffredo Mameli (“Son giunchi che piegano / Le spade vendute: / Già l’Aquila d’Austria / Le penne ha perdute”) che a quello liquido di Bob Dylan o della stessa Fiorella Mannoia.

Del resto, è indubbio, i tempi cambiano. Ed è anche bene che cambino, per carità. Stupisce solo, magari, che lo facciano così in fretta. Presente alle recenti celebrazioni hoferiane di Innsbruck, Galateo ha infatti rilasciato dichiarazioni che hanno probabilmente stupito solo i pochi non lettori di Zygmunt Bauman, cioè coloro i quali ancora pensano che l’identità sia un concetto stabile: “Nel suo tempo Andreas Hofer difese con coraggio la sua terra dallo straniero di allora, che era Napoleone con le sue truppe. Giovanissimo, scelse di studiare la lingua italiana nel vicino Trentino, dimostrando un aperto interesse per la cultura e la diversità. È noto che, in seguito, la popolazione di Mantova cercò di salvargli la vita, riconoscendo in lui non solo un difensore della propria terra, ma anche un innovatore sociale, capace di ispirare cambiamenti positivi. È per questo che ho voluto essere a Innsbruck per celebrare questo anniversario, in segno di amicizia tra Italia e Austria”. Ma come? Incenso per Hofer e carbone per Napoleone, quello che, a guardar bene, anticipò persino Tolomei nella creazione del toponimo Alto Adige? Amicizia tra Italia e Austria quando, fino a poco tempo fa, ci si sarebbe fatti fucilare vicino al ceppo di confine pur di non cedere un centimetro di “sacro suolo” al “nemico ereditario”? E va bene che adesso, al Brennero, si trova un Outlet con tutte le grandi firme a prezzo scontato, ma non staremo esagerando?

Stiano in campana i patrioti che ogni anno si riuniscono a San Paolo per commemorare Sepp Kerschbaumer, e con lui lo spirito indomito dei Freiheitskämpfer. Anche lì potrebbe spuntare a sopresa il liquidissimo Galateo per tracciare ricostruzioni ardite e convincerci che, allora, stendere i tralicci dell’alta tensione fu comunque un gesto per distendere gli animi.

Corriere dell’Alto Adige, 22 febbraio 2024, pubblicato con il titolo: “Ecco come si cambia al governo

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