Va spezzato il cerchio dell’impotenza

A novembre le scuole celebrano il rito del ricevimento dei genitori. A questo proposito, vorrei mettere a fuoco un particolare che riguarda in modo specifico la materia da me insegnata (italiano, in una scuola superiore in lingua tedesca della Valle Isarco). Sono comunque sicuro che il caso in questione potrebbe risultare analogo, sebbene in forme e proporzioni diverse, anche per la materia corrispettiva, cioè per il tedesco insegnato nelle scuole in lingua italiana di Bolzano.

Quando faccio presente ai genitori che le carenze linguistiche dei figli dovrebbero essere affrontate non solo con un maggiore impegno e slancio nello studio, bensì anche mediante la ricerca di un contatto più esteso e soprattutto continuo con l’altra lingua, questi (sette volte su dieci) mi rispondono: “È vero, ma sa, dove viviamo noi, nel nostro ambiente, nel nostro cerchio di amicizie, praticamente non ci sono italiani”. Si tratta di una risposta che non lascia scampo, un po’ come se si allargassero le braccia e si volesse far capire che condizioni oggettivamente avverse vanificano anche le migliori intenzioni. È così, insomma. Bisogna capirlo. Bisogna accettarlo.

Qui, a mio avviso, si squarcia il velo di una grande ipocrisia. Essa consiste nell’attribuire alla lingua, alla seconda lingua da apprendere, uno status che non ha mai raggiunto (per lo meno a livello diffuso). Noi diciamo “seconda lingua”, ma dovremmo dire piuttosto “lingua straniera”. Quando l’italiano e il tedesco vennero definite istituzionalmente “lingue seconde”, si volle probabilmente indicare una prospettiva di sviluppo, alimentare una speranza, piuttosto che fotografare la situazione reale. Per la maggior parte della popolazione altoatesina e sudtirolese, però, la condizione d’appartenenza a contesti nei quali è presente o comunque prevale una sola lingua (la cosiddetta lingua materna) sottrae tuttora spazio alla speranza di chi voleva (e ancora vorrebbe) vedere nel Sudtirolo un territorio progressivamente orientato al plurilinguismo. “Dove viviamo noi non ci sono italiani”, questa frase significa: non abbiamo l’opportunità di considerare l’italiano la nostra seconda lingua, per noi è un mondo distante, estraneo.

Ora, come si può riuscire a spezzare questo cerchio d’impotenza e rassegnazione? La sensazione è che da un modello di società composta da gruppi “accostati” stiamo slittando verso una società di gruppi sempre più indifferenti, più “stranieri” gli uni rispetto gli altri. Bisognerebbe fare qualcosa per fermare questa deriva, prima che sia troppo tardi.

Il Corriere dell’Alto Adige, 20 novembre 2009

9 thoughts on “Va spezzato il cerchio dell’impotenza

  1. “A novembre le scuole celebrano il rito del ricevimento dei genitori.”
    Quanti ricordi orrendi! 😀

    I genitori dei tuoi alunni non hanno tutti i torti: se non ci sono italiani, se nel loro contesto sociale non c’ è nessuno col quale possano parlare italiano che fai? Mica li puoi costringere a parlare italiano fra di loro, magari in un paesino della Val d’ Isarco abitato al 99% da tedeschi. Personalmente, credo che l’ indifferenza, che ha creato i quartieri ghetto della società multiculturale, avrà il sopravvento anche dalle vostre parti.

  2. I genitori dei miei alunni certificano un fatto. Allora le cose sono due: o ci arrendiamo a questo fatto e mandiamo per sempre in soffitta il sogno (?) di un Sudtirolo progressivamente plurilingue, oppure affrontiamo la situazione in modo innovativo (le lezioni di “seconda lingua”, anzi di “lingua straniera” non servono più o servono molto meno che in passato).

  3. Eppure, in un mondo globalizzato, dovrebbe esser chiaro sia ai tuoi alunni che ai loro genitori, chepiù lingue sanno e meglio è per loro in futuro.
    Dagli articoli che hai postato sulla tua scuola negli ultimi mesi, mi verrebbe da constatare che la maggior parte dei ragazzi è indifferente o prova antipatia per tutto quel che viene dal mondo italiano e preferiscono guardare oltrebrennero che a sud di Salorno.
    Una situazione atipica, se confrontata a quella di altre regioni di confine, anch’ esse plurilingui.

  4. Ich hätte da noch eine Idee: Sprachferien!!!!!!!!!
    Wenn es die Schüler schaffen die Fremdsprache Englisch mit Hilfe von Sprachferien besser zu lernen, warum dann nicht auch die Fremdsprache Italienisch?
    Also ab in den Süden für mindestens 2 Monate, Schüleraustausch(in Italien gibts doch sicher Schulen, wo als Fremdsprache Deutsch angeboten wird), und dann müsste es besser werden!!

  5. Siccome dopo le supperioi non ero soddisfatto del livello del mio inglese ho continuato ad imparare l’inglese guardando film e trassmissioni in inglese. Alla fine sono anche riuscito a supperare lesame della Cambridge ESOL FCE senza grandi preparazoni nel primo tentativo. E nelle poche occasioni dove ho potuto dialogare con persone di madre lingua mi hanno fatto dei complimenti.

    E poi adesso con i dvd c`e anche la possibilità di mettere i sottottitoli o di guardare prima nella propria madre lingua e poi nella lingua che si vuole imparare.

    Perchè questo non dovrebbe funzionare anche con il tedesco o con l’italiano?

    @jonny

    Questa è anche una buona posssiblità. Una volta per caso ho incontrato una classe di Innsbruck che ha fatto uno scabio scolastico con una classe di Rovereto.

  6. Ma è semplice.
    Quando nella società non c’e’ un contesto d’uso della lingua seconda da apprendere (come testimoniano i genitori di novembre), allora è la scuola che puo’ diventare un grande contesto d’uso della lingua seconda o straniera, proponendo un buon numero di attività in altra lingua.
    Un buon numero di discipline trattate direttamente in lingua straniera sappiamo che porta assieme contenuti e lingua. Questo avviene perchè proprio in questo modo si riesce ad usare una lingua che altrimenti fuori non si usa.

    Riassumendo: non è difficile trovare un ambiente in cui usare la seconda lingua : questo ambiente è la scuola stessa.

    Dire che la colpa di un mancato apprendimento della seconda lingua è nell’ambiente fuori dalla scuola è una scusa a fronte di una scarsa progettazione scolastica.

  7. Enrico, spero avrai notato che il mio pezzo si limitava a circoscrivere il problema. Delle soluzioni infatti si può discutere solo se è chiaro il problema. Ma ultimamente, questa è la mia impressione, sta sfumando la coscienza del problema. È questa la novità più triste degli ultimi anni.

  8. @Gadilu

    si’ sono d’accordo con te,
    in genere io chiamo questo sfumare della coscienza del problema quando ho in mente la progettazione scolastica”inconsistenza teorica”.

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