Trovato l’accordo, ma non si capisce su cosa

Dopo aver sbandierato ai quattro venti il raggiungimento dell’accordo – e dunque l’avvistamento della soluzione – sulla questione della toponomastica di montagna, adesso si accorgono di non sapere neppure su quali termini tale accordo dovrebbe costituirsi. Può stupirsi ovviamente solo chi avesse pensato di non trovarsi a che fare con la consueta dabbenaggine.

In dettaglio, l’articolo 5 del presunto accordo è formulato così: “I cartelli devono riportare indicazioni delle denominazioni diffusamente utilizzate per i comuni e per le località nelle rispettive lingue”. E alla lettera b si prevede “il mantenimento, invece, nella loro dizione originaria in lingua tedesca e ladina, dei nomi storici“.

Dunque, lasciamo per il momento da parte la discussione sul significato della locuzione “dizione originaria” e “nomi storici” (un ginepraio dal quale è forse impossibile tirarci fuori). Uno scoglio difficilissimo da superare è già costituito dall’interpretazione della parola “località” (che in tedesco si traduce con Ortschaft).

Eine Ortschaft,umgangsprachlich meist einfach Ort, ist eine kleinere Siedlung. In der deutschen Rechtssprache ist Ortschaft ein wohldefinierter Begriff, und bezeichnet einen rechtlichen Status einer Siedlung – in Österreich stehen die Ausdrücke Ort und Ortschaft auch rechtlich synonym.

Siedlung significa “ein Ort, an dem Menschen in Gebäuden zum Zwecke des Wohnens und Arbeitens zusammen leben. Dazu gehören Baulichkeiten der Wirtschaft, der Kultur, des Sozial und des Verkehrwesens”, vale a dire quello che in italiano s’intende col termine “insediamento”. Allora: una Ortschaft, in tedesco, significa insediamento (ed è così che l’ha inteso Durnwalder).

E in italiano?

L’ISTAT definisce una località abitata come l’«area più o meno vasta di territorio, conosciuta di norma con un nome proprio, sulla quale sono situate una o più case raggruppate o sparse. Si distinguono tre tipi di località abitate: centro abitato, nucleo abitato e case sparse».

Apparentemente la stessa cosa di Ortschaft, dunque. Ma solo apparentemente. Infatti questo significato di località è propriamente legato alla specificazione “abitata“.  Se però scomparissero le abitazioni (e se cioè non consideriamo più una località come sinonimo di insediamento / Ortschaft), allora avremmo comunque pur sempre una località, ma in questo caso il significato diventa questo:

Porzione di territorio contraddistinta da particolari caratteristiche geografiche e ambientali; genericamente, zona.

Il testo dell’accordo, insomma, è ambiguo (un po’ come nel caso del famoso “accordo” di Parigi, che dette vita a infinite discussioni sul significato del termine inglese “frame”). Un consiglio a chi si appresta a stendere “accordi”: non scordarsi mai un buon dizionario.

16 thoughts on “Trovato l’accordo, ma non si capisce su cosa

  1. Le discussioni in merito all’ambiguità del testo recentemente sottoscritto da Fitto e Durnwalder vanno a mio avviso interpretate in senso “politico”, avendo ben presente le pressioni che l’SVP subisce dalla destra tedesca sull’argomento della toponomastica.

    Certo, fa enormemente fastidio vedere la spocchiosa arroganza con cui il presidente (di tutti?) Durnwalder afferma, con la sua interpretazione errata di “località”, di voler mantenere bilingui solamente i nomi dei centri abitati, frazioni e simili. Se però andiamo ad una lettura più approfondita del testo e teniamo innanzitutto bene a mente le premesse dell’accordo, i trattati internazionali e le norme di rango costituzionale che disciplinano l’autonomia altoatesina, il cammino obbligato è uno solo.

    Tanto per iniziare “nome” è cosa ben diversa da “toponimo”. Ecco che i nomi storici che vengono mantenuti non sono i toponimi tedeschi o ladini, bensí appunto i nomi tedeschi o ladini.
    Facciamo un esempio. Un’ipotetica “Koflerhütte” verrà riportata in lingua italiana sui cartelli dei sentieri esclusivamente come “Rifugio Kofler”, giacché Kofler è appunto un nome storico. Il fantomatico rifugio Kofler non è però una località, esso si troverá in una località, con un proprio toponimo. Mettiamo il caso che sia ubicato presso quella che in tedesco è chiamata “Flatschscharte”. Ebbene, se per tale località venisse appurata l’esistenza e l’uso del toponimo italiano “Forcella Vallaccia”, si riporterà tale toponimo sui cartelli di montagna, in caso contrario la versione italiana sarà “Forcella Flatsch”.

    Qualsiasi altra interpretazione che contraddica lo spirito dell’accordo sarebbe nient’altro che malafede (cercata o voluta), con l’obiettivo dichiarato di voler relegare gli altoatesini di lingua italiana ad “ospiti “ di questa terra, senza diritto di “viverla” con i nomi tramandati da oltre quattro generazioni. C’è quindi da augurarsi che la boutade di Durnwalder sui toponimi italiani di montagna (lago Rodella e simili) sia per l’appunto dettata dalla necessità di pararsi i fianchi dagli attacchi di Klotz & co. e che i soggetti che saranno chiamati a dirimere la questione lo facciano nel rispetto delle sensibilità di tutti i gruppi linguistici che “vivono” in questa terra, qual’è appunto lo spirito di questo accordo.

  2. Ich finde den Mangel an Selbstkritik in der italienischsprachigen Gemeinschaft Südtirols in diesen Belangen erstaunlich. Zumindest ein Quäntchen an “Schuldbewusstsein”* und gutem Willen, die Situation durch einen Kompromiss zu lösen, wäre doch angebracht, oder etwa nicht? Auch wenn mich gadilu jetzt vielleicht tadeln wird, aber von europäischen Standards in der Toponomastikfrage (UK, Dänemark, Finnland, Katalonien…) sind wir wirklich Lichtjahre entfernt.

    *Schuldbewusstsein in der Hinsicht, dass man hier über die Verteidigung faschistischen Namensgutes diskutiert. Bei aller zuzustehenden Dignität gegenüber “euren” Ortsnamen darf dieser Faktor nicht vergessen oder verdrängt werden.

  3. @Beppi
    Il fatto stesso che una commissione discuterà su 1.500 nomi mi sembra già una buona soluzione di compromesso. Non capisco quindi le tue critiche in blocco al gruppo italiano. Utilizzare da 80 anni nomi, in parte, inventati da Tolomei non toglie che questi siano ormai parte del nostro patrimonio. Io quando uso nomi come “Vetta d’Italia” sinceramente non mi sento nè fascista né colonizzatore e voglio vedere chi ha il coraggio di sostenere il contario, tolti pagliacci come Knoll e Klotz.
    P.S.: Perché quando cerchi esempi in Europa, citi solo quelli che ti fanno comodo, ma non ad esempio l’Alsazia francesizzata, la situazione della minoranza slovena in Carinzia (Haider non voleva concedere neanche il bilinguismo!) o quella ungherese in Slovenia?

  4. Beh mi sembra già onesto da parte di Peppino non volersi orientare secondo i migliori ma secondo i peggiori. Per quanto riguarda la Francia, qualche differenza c’è: I nomi non sono stati tradotti né inventati, ma sono stati adattati all’ortografia francese per garantirne, in sostanza, la pronuncia originale. Inoltre non mi risulta che siano stati introdotti con la forza da una dittatura totalitaria e contro la volontà della popolazione.

  5. Lieber Peppino (schönes Diminuitiv!),

    aus italienischen Poltikerkreisen in Bozen hört man da aber ganz anderes.

    Ich habe bewusst etwas provoziert und habe “euch” alle in einen Topf geworfen, da mir leider noch nie zu Ohren gekommen ist (in keiner Partei, keiner Bewegung oder von nur sehr wenigen Privatpersonen), dass mit Tolomeis “Werk” kritisch umgegangen wird. Immer hört man nur Entschuldigungen wie “ist ja schon lange her”, “mittlerweile gehören diese Namen zu unserem Kulturgut”, “ihr habt eure Namen ja auch erfunden “(!), usw.

    Die ersten beiden Einwände würde ich ja ganz gern gelten lassen, aber erst wenn ich sehe, dass ihr es ernst mit einer Aufarbeitung meint.

    Zu meinen Beispielen: Du hast Recht, in Osteuropa hat es in dieser Hinsicht die ungarische Minderheit sehr schwer (neben der Slowakei wohl auch in Rumänien). Aber das wäre auch nur das einzig negative Beispiel, das mir hierzu einfiele in Europa.
    Elsass hingegen ist – trotz der katastrophalen Minderheitenpolitik Frankreichs in dieser Region – in der Toponomastikfrage ein Paradebeispiel für die sog. “historische” Lösung. Dort gab es entgegen aller latenten Gallisierungsversuche nämlich keine Namensänderung wie bei uns, die Toponyme wurden so belassen, wie sie waren, etwa Thann, Bitschweiler, Öderen, Kruth, Dornach usw. Andere wiederum wurden in ihrem alemannischen Klang (deutscher Dialekt!) nach der französischen Schreibweise angepasst, sodass sie für Franzosen les- und aussprechbar sind, und das sind wichtige Oberzentren wie z.B. Mulhouse, Rouffach, Mulbach, Guebwiller, Oltingue etc. (dies hat Tolomei teilweise auch bei unseren Ortsnamen praktiziert, Schenna –> Scena, Lajen –> Laion, Mals –> Malles…).
    Ich habe lange Zeit in Grenznähe zum Elsass gewohnt und bin dort oft in den Vogesen und nahe Schlettstadt wandern gegangen: die Wanderschilder sind alle einsprachig elsässisch gehalten und niemand aus Paris hätte sich über diese Form von Regionalismus aufgeregt oder einen Angriff auf den Zentralstaat vermutet (und das in Frankreich!).

  6. P.S.: Und Kärntens Schilderproblem wurde schon vor Jahren von Wien aus geregelt, und zwar sehr zum Vorteile der dort lebenden Slowenen.

  7. Vedi Beppi,
    il problema è proprio che noi italiani (ora generalizzo anche io) ci siamo rotti i “cabasisi”, come dice Camilleri, di sentirci sempre rimproverare dai sudtirolesi di non aver fatto i compiti. Sarà anche vero, in parte, ma questo atteggiamento da “Besserwisser ” e “moralische Instanz” (molto germanico e luterano per altro) dà al quanto ai nervi, oltre a essere del tutto controproduttivo (basta ricordare come è finita, purtroppo, con Piazza della Vittoria /Piazza della Pace)
    Senti la mia proposta: noi proviamo a depotenziare monumenti fascisti e toponomastica di Tolomei e voi depotenziate gli Schützen e le loro penose corone di spine, Ellecosta e i suoi “liberatori” della Wehrmacht, la falange del “Südtirol ist nicht Italien” e tutti gli altri vostri “Ewiggestrige”. Magari ci troviamo a metà strada e brindiamo con un bel bicchiere di Terlaner.

    PS.: il riferimento all’Alsazia, più che la toponomastica (comunque francesizzata) riguardava la scomparsa del tedesco (o per meglio dire del dialetto tedesco locale). Tutte le volte che mi sono recato a Strasburgo e dintorni (anche nei centri più piccoli) col tedesco non c’era modo di farsi capire, visto che tutti parlano solo ed esclusivamente francese (anche allo sportello della stazione!). Non sapendo io il francese, alla fine in Alsazia ho dovuto ripiegare quasi sempre sull’inglese, tolto qualche sparuto anziano che un paio di parole tedesco ancora le sapeva.
    Quanto poi alla minoranza slovena in Austria, beh, se è più tutelata di quella sudtirolese in Italia, allora abbiamo percezioni molto diverse della realtà.

  8. Ach. Questa discussione (sia per il tema, sia per l’attitudine dei commenti, la loro disposizione) mi ricorda tanto i bei (?) tempi del mio blog SegnaVia. E quel delizioso motivetto del “noi” e del “voi”…

  9. “Senti la mia proposta: noi proviamo a depotenziare monumenti fascisti e toponomastica di Tolomei e voi depotenziate gli Schützen e le loro penose corone di spine, Ellecosta e i suoi “liberatori” della Wehrmacht, la falange del “Südtirol ist nicht Italien” e tutti gli altri vostri “Ewiggestrige”. Magari ci troviamo a metà strada e brindiamo con un bel bicchiere di Terlaner.”

    Laut diesem Vorschlag, peppino, hätten die altoatesini aber sehr viel zu tun, wenn man bedenkt, dass ca. 75-80 % der italienischen Südtiroler von diesem Vorhaben überzeugt werden müssten, während es bei den deutschsprachigen vielleicht 20-25 % wären. Aber wieviele würden sich denn überzeugen lassen? Oder soll man besser mit Ver- und Geboten vorgehen?
    Wir verbieten die Schützen, Klotz and companie, und Ellecosta, machen alle Schilder zweisprachig, verzichten auf Prorporz uind Sprachgruppenzugehörigkeitserklärung;
    dafür reisst ihr das Siegesdenkmal, das Gericht, und den “Alpino” in Bruneck ab, macht alle deutschen Namen offiziell, besteht nicht mehr auf Zweinamigkeit, und verbietet Seppi e compania bella.
    Hab ich noch was wichtiges vergessen? Ich hoffe nicht.

    Na, da haben wir uns doch was vorgenommen, und alle an die Arbeit!!!

  10. Negli ultimi giorni non ho trovato il tempo di leggere tutti gli articoli pubblicati per la maggior parte sul quotidiano AA sul tema della micro-toponomastica nella segnaletica di montagna. Dall’intervista al presidente della giunta provinciale pubblicata sull’edizione odierna dell’AA, mi sembra di capire che ci sia disponibilità da entrambi i fronti a trovare un’ intesa ragionevole per disinnescare questo tema, ciò non esclude la via legislativa in consiglio provinciale che sarà più lunga e difficile. I toni mi sembrano più concilianti, ora si attendono le nomine della commissione delegata a trovare una soluzione parzialmente condivisa. Ogni soluzione sarà difficile poiché le aspettative da entrambi i versanti sono molto diverse, ma con buon senso e rispetto per il patrimonio culturale di questa terra e di chi la montagna la frequenta da generazioni, spero e auspico una soluzione a breve termine.
    Nelle ultime settimane si sono fatte molte cifre sui toponomi monolingui che andrebbero espressi nelle due lingue, da alcune migliaia di alcuni mesi fa si è arrivati ai 1.500 e scremando tale elenco si scenderà ancora a meno. Escludendo le denominazioni bilingui dei 116 comuni, rimangono le frazioni, le valli, i torrenti, le malghe, i rifugi e le cime. Se ci si limita all’alta montagna che è il tema prevalente di tutta la polemica, la soluzione è meno complessa di quanto voglia apparire. Le due denominazione in lingua italiana citate nelle ultime settimane quali esempi, il Radlsee conosciuto anche quale lago Rodella o il Klockerkarkopf chiamato anche vetta d’Italia hanno origini diverse. La denominazione del Lago Rodella è entrato effettivamente a far parte del patrimonio linguistico della comunità di lingua italiana della valle d’Isarco, sia il lago che il rifugio non sono stati mete di un passato colonialistico, il rifugio è rimasto all’AVS e non ci sono state installazioni militari sulla cima. Il rifugio adiacente al lago è una meta prediletta di molti brissinesi e le cime che sovrastano il lago sono solo conosciute con il toponimo originale in lingua tedesca.
    Il Klockerkarkopf rinominato vetta d’Italia ha una denominazione assolutamente coloniale, nell’ambiente escursionistico o alpinistico è una cima poco importante, all’ombra di mete alquanto più belle e generose. Sono salito spesso sull’adiacente Drei Herren Spitze ribattezzata anche Picco dei Tre Signori che merita alquanto più considerazione. Tre signori perché sulla cima si incontrano i confini sudtirolesi con quelli dell’Osttirol e del salisburghese. Spero perciò che un briciolo di buon senso e una memoria storica più obiettiva, porti a dei buoni risultati. Buon lavoro !

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