La politica tra professione e vocazione

Chi conosce personalmente Hans Heiss non sarà rimasto sorpreso dalla sua scelta di rinunciare a ricandidarsi per le prossime elezioni provinciali e – con tutta probabilità – intraprendere con ciò anche un ponderato ritiro dall’attività politica in senso stretto. Ecco, avranno detto alcuni, finalmente un politico che non resta abbarbicato alla poltrona, finalmente un uomo che può permettersi di tornare a fare il lavoro che faceva in precedenza senza illudersi di essere indispensabile. La rarità del caso merita una riflessione più approfondita.

Negli ultimi tempi la politica come professione non gode di buona fama. La concerne un fastidio certo non privo di giustificazioni, eppure del tutto sfocato se pensassimo di rassegnarci alla tendenza “amatoriale” che si sta affermando come soluzione volta a limitare i danni arrecati da molti politici di professione alle istituzioni. “Se vogliamo guardare francamente la realtà – ha scritto il grande economista Joseph Schumpeter –, dobbiamo riconoscere che, nelle democrazie moderne […] la politica è per forza di cose una carriera, il che implica a sua volta il riconoscimento di un interesse professionale distinto nell’uomo politico, e di un particolare interesse di gruppo nella professione politica in quanto tale”. Per questo motivo, contrariamente a quanto potrebbe sembrare in corrispondenza del suo abbandono, credo sia possibile leggere il gesto di Heiss proprio come una inattuale riaffermazione del valore della politica professionale.

Investendo relativamente pochi anni della vita in un’attività sentita come non pienamente “sua”, l’esponente dei Verdi ci dimostra così che non da un eccesso di professionalità scaturiscono i mali odierni della politica, bensì dallo scollamento e dalla conseguente degenerazione opportunistica dei concetti di “vocazione” e “mestiere” (peraltro compresenti nella parola tedesca “Beruf”) che dovrebbero starne alla base. Al fine di evitare un tale scollamento, occorrerebbe semmai accentuare il legame tra le qualità che Max Weber considerava essenziali per delineare il profilo del politico – passione, senso di responsabilità, lungimiranza – e la tecnica peculiare all’esercizio di un potere che non risulti fine a se stesso. Come si vede, esattamente il contrario di un’interpretazione moralisticamente rivolta a scorgere nella professione politica qualcosa di sbagliato o persino intrinsecamente nefasto.

Non resta che augurare a Hans Heiss il miglior tempo e il miglior umore possibile in modo da potersi dedicare ai progetti scientifici che gli stanno a cuore: per fortuna l’influenza esercitata dal suo prezioso impegno civile, seppur in forma diversa, rimarrà intatta.

Corriere dell’Alto Adige, 11 settembre 2012 

3 thoughts on “La politica tra professione e vocazione

  1. Caro Gabriele,
    il tuo commento ha proprio colto nel segno, come conferma anche Riccardo. Il mestiere del politico – se è ritenuto serio – è altamente professionale. Ha bisogno di una serie di competenze non comuni, descritte bene da Weber: Conoscenze giuridiche e economiche e la capacità di studiare profondamente un tema, ma – oltre l’approfondimento – sono richiesti anche velocità, senso strategico ed un enorme pazienza. E perchè non – qualche visione sulla società da costruire. Il Grillismo e la Pirateria pertanto non portano lontani, il carisma può aiutare, ma sbiadisce presto, come ci insegna Obama, ormai soltanto vagamente “abbronzato” dal sole di successo.
    Ad HH mancano la voglia e la capacità di una professionalità politica, che però ammiro in colleghi come RdS e Madame Kury. Pertanto è ora di tornare nel core-business della storia.
    Grazie dell’osservazione così acuta ed amichevole, a presto
    H.

  2. Beh, penso che Hans Heiss non mancherà di dare il suo contributo alla vita politica locale, dall’esterno. Non è che “viene a mancare” ;o)
    Quindi in gamba, grazie per tutto quel che è riuscito a fare e in bocca al lupo per quel che saprà fare.

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