Una diversa prospettiva per l’Euregio

Menasse

Il Club Alpbach Südtirol Alto Adige ha organizzato l’altro giorno un’interessante conferenza di Robert Menasse al cinema Capitol 2 di Bolzano. Menasse è un tipico intellettuale viennese, molto brillante e dotato di un piacevolissimo eloquio tedesco. Un intellettuale di quelli che giustamente non si vergognano di dire come gran parte del loro lavoro si svolga nei caffè. Anche i caffè sono infatti una tipica istituzione viennese: l’immagine di uno scrittore seduto al suo tavolo preferito — sul quale è poggiata una nera bevanda fumante affiancata da un pacchetto di sigarette o di sigari nonché, ovviamente, da svariati giornali nazionali e stranieri — è la tipica immagine dell’intellettuale viennese e, tutto sommato, dell’intellettuale europeo tout court.

Anche la conferenza di Menasse era dedicata alla definizione di un’immagine. Anzi, forse è meglio dire al «restauro» di un’immagine, ossia quella, a suo giudizio deturpata e quasi perduta, della specificità o addirittura della missione europea.

Menasse non ha dubbi. L’autentica missione dell’Europa consiste nella decostruzione del persistente riferimento nazionale al quale gli europei si abbarbicano, quando invece si tratterebbe proprio di liberarsene. L’unione degli Stati europei — così Menasse — non deve essere concepita come la semplice somma delle nazioni che ne fanno parte, giacché senza procedere a una perentoria sottrazione del peso politico e persino culturale dei singoli Stati nazionali che formano l’Europa, ogni successiva addizione apparirà posticcia, svuotata di contenuto e sarà in ogni caso destinata a fallire. La costruzione dell’Europa può avvenire insomma solo sulla concomitante distruzione ed estinzione del principio nazionale. Lo stesso principio che nella prima metà del secolo scorso portò gli Stati del continente a combattere su fronti opposti. Esito catastrofico in altra forma ancora possibile, avverte Menasse, se non ci sbrighiamo a porre mano a dei rimedi, se non troviamo presto una soluzione.

Ma quale sarebbe la soluzione? Com’è realmente possibile porre mano alla decostruzione del principio nazionale che impedisce l’affiorare di un’effettiva unità postnazionale senza consegnarci al duplice rischio di edificare un superstato deterritorializzato, oppure favorire una frammentazione potenzialmente infinita, quindi lacerante, del tessuto connettivo europeo? È chiaro che l’idea funzionerebbe soltanto riuscendo a compiere la quadratura del cerchio, puntando cioè sul difficilissimo equilibrio da ottenere mediante la creazione di unità amministrative subnazionali e transnazionali all’interno di una cornice avvertita come spazio di riferimento identitario e legislativo prevalente.

La conferenza si è conclusa qui, ma sarebbe bello se fosse solo l’inizio di un discorso più ampio. È infatti evidente che, nel contesto delineato da Menasse, il rafforzamento dell’Euregio potrebbe assumere una prospettiva assai significativa. Perché non rifletterci?

Corriere dell’Alto Adige, 20 aprile 2013

3 thoughts on “Una diversa prospettiva per l’Euregio

  1. Dissento: lo Stato non è responsabile del nazionalismo, allo stesso modo in cui la provincia non è responsabile del provincialismo e il comune non è responsabile del municipalismo. Lo stato, in Europa, dev’essere un corpo intermedio che tutela i diritti e gli interessi dei propri cittadini nel nome dell’unità nella diversità. Tentare di eliminare adesso gli stati-nazione non farà altro che far esplodere un’eurofobia che non è per nulla latente e indebolirà le uniche, efficaci protezioni legali di cui godiamo.
    Il principio di realtà non può essere sciolto assieme alle zollette di zucchero per fare in modo che gli evneti si conformino ai nostri desideri.

  2. Faccio degli esempi concreti: Francia che si oppone alla legislazione pro-Monsanto, Spagna che si chiama fuori dalla “Guerra al Terrore”, Olanda che abbandona l’austerità, Italia che mette in discussione certi interventi “umanitari”, ecc.

  3. direi che la contesa -per il potere- tra stati politici europei è la rappresentazione della conflittualità tra le fazioni capitalistiche europee -per il plus-valore-; parlo di classi, sottoclassi ed elite che hanno interesse e strategia diversi rispetto alla propria tenuta e competitività nell’ arena della competizione globale
    a mio avviso la decostruzione del principio nazionale non può essere disgiunta (pena ricadere nel feticismo europeista) dalla critica radicale al nodo, al momento particolare, del movimento mondiale dei capitali che lo stato nazionale si incarica di inverare, sorvegliare e difendere

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